Costa una condanna il ‘gioco delle tre campanelle’ effettuato in un’area di servizio

Impossibile, invece, secondo i giudici, ipotizzare il reato di truffa, poiché ci si trova di fronte ad un gioco che non richiede la predisposizione di attività specifiche di inganno

Costa una condanna il ‘gioco delle tre campanelle’ effettuato in un’area di servizio

Sacrosanto catalogare come gioco d’azzardo il vecchio gioco delle tre campanelle. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 43873 del 2 dicembre 2024 della Cassazione) e posto alla base della condanna definitiva di un uomo, di origini campane, beccato in trasferta in Abruzzo a proporre il famigerato gioco in un’area di servizio. A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria è l’interno delle forze dell’ordine che fermano l’uomo mentre nello spazio dell’area di servizio offre ai passanti la possibilità di partecipare al ‘gioco delle tre campanelle’. Per i giudici di merito non ci sono dubbi: l’uomo si è reso colpevole di giuoco d’azzardo. Inequivocabile, a loro parere, la condotta accertata dalle forze dell’ordine, poiché l’uomo ha, in luogo pubblico e con un banchetto ad hoc, tenuto un gioco d’azzardo, consistito nel maneggiare delle campanelle allo scopo di far puntare denaro ai viaggiatori in transito e agli avventori del bar. Secondo la difesa, però, il ‘gioco delle tre carte’ o ‘delle tre campanelle’ non può essere qualificato come gioco d’azzardo connotato da aleatorietà, bensì come gioco d’abilità del gestore o dello scommettitore, né, sempre secondo la difesa, sono necessari, per la sua realizzazione, artifizi e raggiri. In aggiunta, poi, viene sottolineato che l’uomo ha tenuto il banchetto, ove si effettuava il gioco in modo occasionale, senza alcuna organizzazione. Per i magistrati di Cassazione, però, la linea difensiva è assolutamente fragile. Ciò perché il ‘gioco delle tre campanelle’ e quelli similari ‘delle tre tavolette’ o ‘delle tre carte’ non configurano il reato di truffa ma quello di esercizio di giuoco d’azzardo, in ragione del fatto che la condotta del soggetto che dirige il gioco non realizza alcun artificio o raggiro ma costituisce una caratteristica del gioco, purché, viene precisato, all’abilità ed alla destrezza di chi esegue il gioco non si aggiunga anche una sua fraudolenta attività. Allo stesso tempo, in tema di esercizio abusivo dell’attività di pubblica scommessa su giochi di abilità, è necessaria la presenza di una struttura organizzativa costituita da mezzi e persone, anche se di natura non stabile e complessa. Impossibile, quindi, mettere in dubbio la condotta tenuta dall’uomo sotto processo, il quale si era posizionato presso un’area di servizio, aveva allestito un banchetto su cui conduceva il ‘gioco delle tre campanelle’ ed era circondato un capannello di persone. Per i giudici, quindi, il condurre in luogo pubblico il suddetto gioco, non richiedendo la predisposizione di attività specifiche di inganno, non integra il reato di truffa ma deve considerarsi come un gioco d’azzardo, in quanto il partecipe al gioco può ottenere la vincita della somma in modo del tutto aleatorio, a prescindere da ogni abilità.

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