Possibile cacciare il dipendente anche per condotte penalmente rilevanti risalenti ad un periodo antecedente al rapporto di lavoro
Condotte costituenti reato possono, sebbene realizzate prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, integrare giusta causa di licenziamento purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino incompatibili con il permanere del vincolo fiduciario che caratterizza il rapporto

Possibile ipotizzare una giusta causa di licenziamento anche a fronte di condotte penalmente rilevanti tenute dal dipendente ma in un periodo antecedente al rapporto di lavoro.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 32136 del 12 dicembre 2024 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo al licenziamento di un dipendente di ‘Poste Italiane’ – condannato per truffa e falso –, precisano che condotte costituenti reato possono, sebbene realizzate prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, integrare giusta causa di licenziamento purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino, attraverso una verifica da effettuarsi sia in astratto sia in concreto, incompatibili con il permanere del vincolo fiduciario che caratterizza il rapporto.
Ampliando l’orizzonte, poi, i giudici aggiungono che comportamenti illeciti del lavoratore, che possono essere considerati non di gravità tale da giustificare l’espulsione da un’azienda svolgente un’attività puramente privatistica, possono al contrario rompere il legame fiduciario ed il connesso requisito di affidabilità che sta alla base di un rapporto di lavoro costituito per l’espletamento di un servizio pubblico, ancorché in regime giuridico privatistico, posto che l’impegno di capitale pubblico e la pubblicità del fine perseguito sottomettono l’attività svolta ai principi di imparzialità e di buon andamento costituzionali, con riflesso nei doveri gravanti sui lavoratori dipendenti, che debbono assicurare affidabilità anche nella condotta extralavorativa.
Condivisa dai magistrati di Cassazione la valutazione compiuta in valutazione, valutazione secondo cui, benché solo una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso possa integrare una responsabilità disciplinare del dipendente, condotte costituenti reato, sebbene realizzate prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, ed anche a prescindere da apposita previsione contrattuale, possono integrare giusta causa di licenziamento, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino incompatibili con il permanere di quel vincolo fiduciario che caratterizza il vincolo col datore di lavoro.
Su tali basi si è effettuata la valutazione in ordine alla permanenza del rapporto fiduciario tra datore e dipendente, tenuto conto che la fiducia richiesta è di differente intensità a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell’oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono. E si è concluso per la gravità della lesione del vincolo fiduciario, avuto riguardo alle circostanze del caso e, specificamente, al particolare vincolo di fiducia che il rapporto comportava, in relazione ai compiti rimessi alla responsabilità dell’agente postale, valorizzando, da un lato, la natura di servizio pubblico, ancorché in regime privatistico, dell’attività svolta dal datore di lavoro e delle mansioni di portalettere svolte dal lavoratore e, dall’altro, la gravità, anche sotto il profilo dell’elemento intenzionale, delle condotte, penalmente rilevanti, poste in essere dal lavoratore, il quale è stato condannato con sentenza irrevocabile in relazione a reati di truffa e falso, per aver predisposto falsa documentazione medica finalizzata ad ottenere la percezione di emolumenti di pensione non dovuti.
Tirando le somme, la condotta illecita tenuta dal dipendente è tale da compromettere le aspettative datoriali sul futuro corretto adempimento dell’obbligazione lavorativa in relazione alle specifiche mansioni e alla particolare attività, perché di gravità tale, per contrarietà alle norme dell’etica e del vivere comuni, da connotare la figura morale del lavoratore.