Prelievi non autorizzati dal conto corrente: banca sotto accusa per la mancata attivazione del servizio ‘sms alert’
L’attivazione del servizio di ‘sms alert’ da parte della banca ben avrebbe potuto prevenire il compimento delle operazioni indebite successive alla prima (per un importo di 200 euro), limitando la perdita a questa sola operazione di prelievo
A fronte di prelievi non autorizzati dal titolare del conto corrente, se viene esclusa la clonazione dello strumento di pagamento, la mancata prova dell’attivazione del servizio cosiddetto di ‘sms alert’ da parte dell’istituto di credito rappresenta una palese violazione al corretto adempimento degli obblighi posti a suo carico. Questo il principio fissato dai componenti del ‘collegio di coordinamento’ dell’’arbitrato bancario finanziario’ a fronte della vicenda che ha visto come vittima una signora che, poco più di un anno fa, aveva fatto accesso a uno sportello ‘ATM’ per effettuare con la propria carta di debito un prelievo di 200 euro, prelievo non riuscito a causa di fondi insufficienti, essendo riuscita la signora a prelevare soli 70 euro, e che successivamente aveva controllato il proprio estratto conto, accertando così l’esistenza (a sua totale insaputa e senza il suo consenso) di cinque prelievi per complessivi 1.300 euro, prelievi realizzati tra il 5 e il 29 giugno 2023. Effettuata immediata denuncia presso le competenti autorità pubbliche con espresso disconoscimento delle riferite operazioni imputate a terzi ignoti a seguito di possibile clonazione della carta, la signora rappresentava nella stessa giornata l’occorso alla banca, bloccando la carta e, dichiarato l’esclusivo possesso tanto della carta quanto dei relativi codici di accesso ai servizi on line, chiedeva il rimborso delle operazioni disconosciute. Dalla banca hanno fornito piene prova dell’autenticazione delle operazioni di pagamento, essendo (tra l’altro) la carta dotata della cosiddetta tecnologia a ‘microchip’. Né, sotto il lamentato versante della possibile clonazione da parte di terzi dello strumento di pagamento, ricorrono elementi descrittivi, induttivi o anche solo circostanziali utili a prefigurarne una (sia pure astratta) verosimiglianza. Per contro, la banca ha documentato varie circostanze che rendono plausibile dedurre che lo strumento di pagamento non sia stato clonato, dovendosi così presumere che esso sia stato utilizzato, all’insaputa della titolare della carta, da terzi che hanno potuto disporre, anche solo temporalmente, dello strumento di pagamento. Ciò con conseguente possibile violazione delle condotte che prescrivono l’obbligo del titolare di utilizzare lo strumento di pagamento in conformità con i termini, esplicitati nel ‘contratto quadro’, che ne regolano l’emissione e l’uso, nonché di adottare misure idonee a garantire la sicurezza. Dalla documentazione, però, non risulta l’attivazione del servizio di ‘sms alert’ da parte della banca, strumento che, ove adottato, ben avrebbe potuto prevenire il compimento delle operazioni indebite successive alla prima (per un importo di 200 euro), limitando la perdita della ricorrente a questa sola operazione di prelievo.