Persona perseguita penalmente o sospettata di aver commesso un reato: la Polizia può decidere di conservarne i dati biometrici e genetici
Il diritto nazionale dello Stato non deve necessariamente prevedere un periodo massimo di conservazione
Le autorità di polizia di uno Stato possono decidere, sulla base di norme interne, se sia necessario conservare i dati biometrici e genetici di una persona perseguita penalmente o sospettata di aver commesso un reato. E, ragionando in questa ottica, il diritto nazionale di quello Stato, se fissa termini adeguati per verificare la necessità di conservare tali dati, non deve necessariamente prevedere un periodo massimo di conservazione.
Questo l’importante principio fissato dai giudici (sentenza del 20 novembre 2025 della Corte di giustizia dell’Unione Europea) alla luce del contenzioso sorto nella Repubblica Ceca.
Chiari i dettagli della vicenda. Un funzionario pubblico ceco è stato sentito dalla polizia nell’ambito di un procedimento penale a suo carico. Nonostante egli si sia opposto, la polizia ha ordinato il rilevamento delle sue impronte digitali – un prelievo orale da cui ha ricavato un profilo genetico –, la realizzazione di fotografie e la redazione di una descrizione della sua persona.
Tali informazioni sono state inserite in ‘banche dati’. Nel 2017, poi, il funzionario è stato condannato in via definitiva, segnatamente per abuso di potere.
In un procedimento separato, però, egli ha contestato le misure di identificazione adottate dalla polizia in conformità con la legge ceca e la conservazione dei dati ottenuti, ritenendole costituire un’illegittima ingerenza nella sua vita privata.
Il giudice ceco ha accolto il ricorso e ha ordinato alle autorità di polizia di cancellare dalle loro ‘banche dati’ tutti i dati personali risultanti da tali atti.
A tale provvedimento si è opposta la polizia ceca, e i giudici nazionali hanno sollevato dubbi sulla compatibilità del regime giuridico istituito dalla legge relativa alla polizia ceca con la direttiva europea relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, da parte delle autorità competenti, a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali.
In particolare, i giudici nazionali pone due questioni fondamentali: i requisiti stabiliti dalla direttiva ostano alla raccolta indifferenziata di dati biometrici e genetici per qualsiasi persona sospettata di aver commesso un reato doloso? La direttiva osta alla conservazione di dati biometrici e genetici senza che sia esplicitamente previsto un periodo massimo di conservazione?
I giudici europei considerano che, per quanto riguarda la raccolta, la conservazione e la cancellazione dei dati biometrici e genetici, la nozione di ‘diritto dello Stato membro’ si riferisce a una disposizione di portata generale che enuncia le condizioni minime per la raccolta, la conservazione e la cancellazione di tali dati, come interpretata dalla giurisprudenza dei giudici nazionali, purché tale giurisprudenza sia accessibile e sufficientemente prevedibile. Peraltro, il diritto dell’Unione Europea non osta a una normativa nazionale che consente, indistintamente, la raccolta di dati biometrici e genetici di qualsiasi persona perseguita per aver commesso un reato doloso o sospettata di aver commesso un tale reato. A patto, però, di rispettare due condizioni: da un lato, le finalità di tale raccolta non devono richiedere di operare una distinzione tra queste due categorie di persone; dall’altro, i titolari del trattamento devono essere tenuti, conformemente al diritto nazionale, compresa la giurisprudenza dei giudici nazionali, a rispettare l’insieme dei principi e dei requisiti specifici applicabili ai trattamenti di dati sensibili.
Per chiudere il cerchio, infine, i giudici europei dichiarano che il diritto dell’Unione Europea consente, a determinate condizioni, l’esistenza di una normativa nazionale in virtù della quale la necessità di mantenere conservati dati biometrici e genetici è valutata dalle autorità di polizia sulla base di norme interne. E la normativa nazionale non deve necessariamente prevedere un periodo massimo di conservazione, purché, però, fissi termini adeguati per la regolare verifica della necessità di conservare tali dati e, in occasione di tale verifica, sia valutata la stretta necessità di proseguire tale conservazione.